Eduardo Montagner Anguiano
Eduardo Montagner Anguiano
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Date: Tue, 19 Jan 2010 19:45:30 -0800
From:
eduardomontagner@yahoo.com.mx
To: zanioloconsuelo@hotmail.com
Subject: [Scríver par véneto chipileño] Intravista su Il Gazzettino di Treviso fata da...

 

 

 

Quelle radici che parlano veneto in un cuore latino

 

 

IL LIBRO di Eduardo Montagner Anguiano

 

 


Martedì 19 Gennaio 2010,

 

SEGUSINO - Non è stato immediato scoprire le potenzialità liriche di una lingua rude, agreste, violenta. Una lingua per le cose aspre della vita, parlata ancora in due bocche di vallata con in mezzo un oceano. Eppure Eduardo Montagner Anguiano, poeta e scrittore messicano di origini segusinesi, ha scelto proprio quella lingua, il dialetto minoritario parlato dagli emigranti segusinesi passati, alla fine dell’Ottocento, in Messico, per la sua avventura letteraria.

 

 

Trentacinque anni, nato a Chipilo da padre di origini segusinesi e madre spagnola messicana, Eduardo è considerato una delle penne più interessanti della sua generazione. Il debutto, in spagnolo, avviene con "Toda esa gran verdad", pubblicato nel 2006, da cui il regista Jaime Humberto Hermosillo ha tratto il film “Fetiche”. Presente in prestigiose antologie di scrittori veneti in lingua spagnola, in dicembre Montagner è venuto per la prima volta in Italia a presentare il suo ultimo racconto “Al prim”, che ha per protagonista il primo emigrante fondatore del cimitero di Chipilo.

 

Quale significato ha avuto questo primo viaggio, alla ricerca delle tue memorie famigliari? «Sono stato in Italia per un tempo brevissimo, con lo scopo di presentare ad Asolo il mio libro. Ma il vero desiderio era quello di vedere la terra dei miei “vèci”, e cercare di trattenerne in me lo spirito. I miei antenati sono arrivati a Chipilo da Segusino con circa tre anni di ritardo dalla grande emigrazione del 1882. L’impressione spirituale nell’incontro con il mio Veneto è stata fortissima, una specie di rinascita psicologica».

 

 

Quando hai deciso di intraprendere la carriera letteraria?

 

 

«Durante l’adolescenza avevo un rapporto conflittuale con il veneto chipilegno, che consideravo lingua volgare, selvàrega. Era una difesa debole comunque, e ad un certo punto questo oceano di famigliarità ed ostilità si è sciolto, facendomi capire che la sintesi tra i miei interessi musicali, culturali, tra le mie difficoltà sociali e richieste inconsce era forse chiusa in questa lingua difficile, ma vera, viva, con tutti i suoi diritti. Da qui è nata la mia avventura letteraria. Ho poi compiuto studi di linguistica all’università cercando di avvicinarmi al mondo letterario messicano, entrando in contatto anche con scrittori di discendenza veneta con Sergio Pitol (premio Cervantes 2005) e Mario Bellatin».

 

 

Quali sono i tuoi progetti futuri? Conti di tornare in Veneto?

 

 

«Si’ molto presto, forse il prossimo agosto. Devo andare a fondo della mia vera ispirazione che è quella dell’identità veneta. Mi sento insieme ricco di stimoli ed orfano letterariamente, motivo per cui desidero entrare in contatto con i poeti veneti del Novecento: Andrea Zanzotto prima di tutti».

 

 

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